I temi utilizzati

Uno dei temi più utilizzato è quello  del gallo, comunemente considerato emblema del collezionismo della ceramica popolare monregalese, insieme agli uccelli. Già presente nelle produzioni d’oltralpe nel Settecento, appare  diffuso nei manufatti francesi del XIX secolo che influenzano la produzione monregalese della metà dell’Ottocento. Il soggetto si riscontra nei prodotti di “Giuseppe Besio” della  seconda metà del XIX secolo realizzato a pennello con colori accesi e linee scattanti sopra un piano d’erba reso a spugna, o eseguito totalmente a spugna. Si trova a mascherina, pennello e spugna nei prodotti di “Giuseppe e Federico Besio”, mentre nei modelli della “Vedova Besio & Figlio” assume agili linee eseguite a pennello, a pennello e timbri, o appare in versione economica a mascherina a pennello e timbri. E’ realizzato a pennello e a timbro sulla tesa  nei manufatti di “Alessandro Musso” e a pennello  con tesa a timbri in quelli di “Felice Musso”. Appare nella versione a pennello con piano d’erba a spugna e tese a stampino nei prodotti della “Vedova Besio & Figli”. Si delinea così una storia tipologica antica e di successo, che viene mantenuta costantemente nella produzione di tutte le manifatture del monregalese del Novecento: dai galli che si codificano con tratti sicuri e colori vivaci de “La Vittoria” prossimi alla tradizione ottocentesca, ai galli  più realistici e con tese a stampino di “Gabutti”.

           

Altro motivo decorativo tipico è quello del paesello, di antica origine e già presente nella maiolica quattrocentesca, che si riduce nel tema a  “casette” nelle produzioni di Montelupo del XVI e XVII secolo e in molte manifatture dell’Ottocento in Italia, ad esempio Albisola. Segna la produzione francese dell’XIX secolo e quella del distretto monregalese dall’inizio dell’Ottocento. E’ presente nei prodotti in serie  della “Vedova Besio & Figlio” in policromia a pennello, a stampa, a mascherina con tesa a timbro, e a pennello e timbri sulla tesa nella “Vedova Besio & Figli”. “Gabutti” riduce il soggetto all’estrema semplificazione, con edifici decorati a pennello tra due alberi eseguiti a spugna con tesa a spugna, e modelli con edifici realizzati a mascherina inseriti in un ambiente etereo connotati solo da elementi vegetali realizzati a spugna, dove l’uso del pennello è limitato all’orlo, con tese a spugna o a stampa.  Il tema si trova in “Lorenzo Beltrandi” e  “Felice Musso” di Mondovì in versioni a timbri e mascherina o a mascherina e aerografo; a pennello e timbri in “Felice Musso” di  Villanova, e infine eseguito con motivi a stampa nella produzione della “Richard Ginori”.         

Un’altra tematica cara alla ceramica di Mondovì è quella del tralcio di vitedi derivazione settecentesca, che arriva nel monregalese all’inizio del XIX con “Benedetto Musso” con motivi a pampini in monocromia blu a pennello, scelta cromatica condivisa da “Giuseppe Barberis” a Chiusa Pesio. Nel corso dell’Ottocento nella ceramica popolare il tema è ripreso da varie manifatture, rivisitato in versione policroma  da “Alessandro Musso”, da “Lorenzo Montefameglio” ed dai “Fratelli Gabutti” in versione monocroma blu di derivazione ligure e policroma. Nella seconda metà dell’Ottocento si riafferma la variante in monocromia blu con “Gribaudi” di Vicoforte, mentre si trova sia a pennello in blu, sia a timbro e pennello in policromia nella ceramica “Vedova Besio & Figli”. Nell’ultimo ventennio dell’Ottocento “Felice Musso” di Mondovì dà al tema una versione corsiva in monocromia e policromia con la tecnica a timbro, riservando l’utilizzo del pennello agli elementi marginali della composizione. Nei manufatti della “Vedova Besio & Figlio” il pennello è limitato alle filettature sulla tesa dei piatti o nelle volute dei pampini, e prevale l’uso della tecnica a timbro e il decoro policromo. Il tralcio di vite sopravvive rivisitato nella realizzazione tecnica, mediante la ricerca di nuove soluzioni artistiche, atte a soddisfare una clientela affezionata storicamente a questa classica tipologia decorativa nei modelli arricchiti da bande e decori policromi o nei decori policromi  all’aerografo e a pennello della “Richard Ginori” di Mondovì.

           

Nell’ambito delle tematiche delle ceramiche popolari riveste un’indubbia importanza anche il  soggetto della rosa, poiché è molto diffuso nel monregalese (la rosa di Mondovì) dalla prima metà dell’Ottocento. Nei prodotti di Giuseppe Besio, Benedetto Musso, Salomone a Villanova, Barberis e poi Gabutti a Chiusa, appare il semplice tralcio a pennello, a pennello e timbri a spugna, con tralcio arricchito di altri fiori, inserito in una composizione con cestino, o in ghirlanda. La “Ceramiche Piemontesi” di Chiusa Pesio lo realizza a pennello e a decalcomania; la “Vedova Besio & Figli” propone la rosa a timbro, a spugna e a pennello o insieme ad altri fiori, la “Richard Ginori” di Mondovì  a pennello.

La produzione dei primi anni del Novecento non si discosta molto da quella precedente, ma l’esigenza di assecondare ulteriormente le aspettative del mercato interno -in quegli anni in forte espansione per il buon andamento della politica giolittiana- porta i proprietari ad impostare la produzione sull’elemento seriale, venduto ad un prezzo contenuto e concorrenziale.

Gli stabilimenti vengono riammodernati ed ampliati, i forni alimentati non più con il legname ma con il carbone che permette un miglior controllo della temperatura, l’argilla locale sostituita da quella importata dall’estero.

I miglioramenti tecnici e l‘applicazione del disegno industriale producono oggetti dalle linee pulite e dalle forme geometriche semplici che prevedono un limitato intervento del decoratore. La decorazione, infatti, è affidata quasi esclusivamente alla tecnica dell’aerografo o alla decalcomania, preferita alla stampa monocroma in quanto utilizzabile con colori sgargianti; anche le tradizionali spugnette intagliate adoperate per i bordi vengono sostituite da timbri di gomma che sveltiscono le operazioni. Una certa autonomia è riscontrabile nella produzione della “Ceramiche Piemontesi” di Chiusa Pesio, che dal 1927 opterà per la terraglia semiforte cotta a temperatura più alta e decorata spesso a lustro e filo oro.

 

Nascono in questo periodo oggetti a tema geometrico in linea con i soggetti e lo stile che si affermano in Europa dopo la prima guerra mondiale. Nella ceramica d’uso comune monregalese del Novecento si predilige l’intenso uso dell’aerografo e la scelta di elementi decorativi tipici dell’Art Déco: come le rose geometrizzate della “Vedova Besio & figlio” e della “Beltrandi”, le ghirlande di fiori stilizzati nei prodotti della “Beltrandi” e della “Ceramica Piemontese” di Chiusa Pesio; i temi esotici, le piante e gli animali (gazzelle, cammelli, antilopi) raffigurati in corsa sui tipici vasi tronco-conici o sulle scodelle e piatti della “S. A. Ceramica Piemontese”; le decorazioni astratte a zig-zag  o a bande ondulate nei prodotti della manifattura “Musso” di Villanova; il decoro a pois dei prodotti de “La Vittoria”, originale motivo in ambito monregalese, ma dipendenti cromaticamente alla tavolozza di Tullio di Albisola; gli elementi geometrici - triangoli, quadrati, cerchi, - presenti dopo il 1934 nel Catalogo dell’Ufficio Unico Consorziale di Vendita di terraglie dolci di Mondovì, che ingloba la produzione della “Società Ceramica Richard Ginori” di Mondovì, la “S. A. Succ. Vedova Besio”, la “Ceramica Lorenzo Beltrandi” e le “Ceramiche Felice Musso”. Bande o strisce verticali all’aerografo caratterizzano le ceramiche di Chiusa Pesio che trovano confronti nei servizi della Lenci, e con Laveno. Infine non si possono dimenticare i tovagliati presenti anch’essi nel suddetto Catalogo; sono nei servizi da tavola tra i decori esportati dalla Richard Ginori in Oriente, India e in Africa. Il motivo a tovaglia contrassegna particolarmente la produzione di Chiusa Pesio ed trova confronti in ambito sovraregionale con la Galvani di Pordenone e con la Richard Ginori di Doccia. La tradizione non viene completamente abbandonata, ma con il passare degli anni a prevalere è un gusto internazionale, aperto alle suggestioni più diverse ed alle tendenze più attuali.

La produzione de “La Vittoria”, l’unica manifattura sorta nel nuovo secolo (1919), esplicita molto bene questa nuova impostazione.